Nonostante il rischio di trasmissione del virus ebola sia abbastanza basso per quel che riguarda l’Europa, la preoccupazione intorno al virus che ha fatto molto parlare di sè è tanta: i numeri non mentono e le morti avvenute a causa delle febbre emorragiche sono tantissime, con una propensione della malattia a spostarsi da un paese all’altro dopo i primi casi di contagio. Tuttavia, gli unici e rari casi che si sono osservati in Africa sono quelli di persone che hanno viaggiato dall’Africa, là dove sono stati contagiati dalla malattia. Ecco, allora, tutto ciò che c’è da sapere sul virus ebola, cosa causa e come si trasmette.
Cos’è l’Ebola?
Il virus Ebola è un gruppo di virus che causano un tipo mortale di febbre emorragica. Il termine “febbre emorragica” significa che causa sanguinamento all’interno e all’esterno del corpo. Il virus ha un lungo periodo di incubazione di circa 8-21 giorni e causa, inizialmente, sintomi che includono febbre, debolezza muscolare, mal di gola e mal di testa.
Con il progredire della malattia, il virus può compromettere le funzioni renali ed epatiche e portare ad emorragie esterne ed interne. Si tratta di uno dei virus più letali al mondo, con un tasso di mortalità che può raggiungere addirittura il 90% circa. La più grande preoccupazione riguarda il fatto che non ci sia una cura.
Come si trasmette il virus ebola?
Il virus si trasmette attraverso il contatto con sangue o secrezioni di una persona infetta, direttamente o attraverso superfici, aghi o apparecchiature mediche contaminate. Un paziente non è contagioso fino a quando non inizia a mostrare segni della malattia.
Fortunatamente, il virus non è trasportato per via area, il che significa che una persona non può contrarre la malattia semplicemente respirando la stessa aria di un paziente infetto.
Da dove è venuto il virus?
Il pericoloso virus prende il nome dal fiume Ebola nella Repubblica Democratica del Congo, che era vicino al luogo di una delle prime epidemie. Il virus è stato segnalato per la prima volta nel 1976 in due epidemie quasi simultanee in Sudan e nella Repubblica Democratica del Congo, che hanno ucciso rispettivamente 151 e 280 persone.
Alcuni pipistrelli che vivono nelle foreste tropicali africane sono considerati gli ospiti naturali della malattia. Secondo l’OMS, la trasmissione iniziale di un focolaio è solitamente il risultato di un animale selvatico che infetta un essere umano: una volta che la malattia infetta una persona, è facilmente trasmissibile tra persone a stretto contatto.
Fino alle recenti ondate epidemiche, circa 2.361 persone erano state infettate da quando la malattia è stata identificata nel 1976, e più di 1.548 delle persone infette sono morte a causa della malattia.
Chi è a rischio?
Il virus non è trasportato dall’aria, il che significa che le persone a stretto contatto possono essere infettate e sono le più a rischio: tuttavia, una persona seduta accanto a una persona infetta, anche se è contagiosa, non si infetterà a sua volta.
Gli operatori sanitari e le persone che assistono i malati sono particolarmente a rischio per la malattia perché lavorano a stretto contatto con i pazienti infetti durante le fasi finali della malattia, quando il virus può causare emorragie interne ed esterne. Stando a quanto riportato dall’OMS, infatti, tra gli operatori sanitari che hanno cercato di curare pazienti infetti, molti sono rimasti infetti e più della metà di loro ha trovato la morte.